FU FERITA – ASSEMBLEA DI QUARTIERE
Un quartiere periferico al centro di un progetto di riqualificazione urbana. Fra gli innumerevoli progetti utili e necessari, si insinua un piano controverso: una società privata ha intenzione di sostituire il parco del quartiere con un’avveniristica struttura, sede di un centro culturale all’avanguardia…
Drammaturgia collettiva: Ilaria Antonino, Valeria Battaini, Benedetta Casanova, Gianluca De Col, Mara Fritz, Roberta Moneta.
Coordinamento drammaturgico: Gianluca de Col
Regia: Valeria Battaini
Con: Valeria Battaini, Francesca Mainetti, Roberta Moneta
Disegno luci: Carlo Dall’Asta
PREMESSE
Questo spettacolo nasce dal lavoro di Teatro19 in un quartiere periferico di Brescia interessato da un progetto quadriennale di riqualificazione urbana. Per tutta la durata del progetto la compagnia ha lavorato a stretto contatto con gli abitanti ed i frequentatori del quartiere, ha raccolto interviste e ha restituito il materiale raccolto attraverso letture pubbliche, ha proposto quattro edizioni della rassegna BARFLY – Il teatro fuori luogo, ha attivato laboratori teatrali rivolti a varie fasce d’età, si è messa in rete con altre realtà attive sul medesimo territorio. E proprio il lungo lavoro sul territorio e le relazioni allacciate nel tempo hanno modificato lo sguardo e il processo creativo di Teatro19, che si è ritrovato custode di storie, di racconti di gioie e dolori, di ferite e cicatrici. “Fu ferita” è la conclusione di questo percorso.
LA DRAMMATURGIA ED I PERSONAGGI
Il testo “Fu Ferita” nasce da una drammaturgia collettiva realizzata da un gruppo di sei persone. Una modalità compositiva frutto di un cambiamento di prospettive e di pratiche, che ha permesso di amplificare i punti di vista. I personaggi sono otto donne che vivono nel quartiere, ciascuna partecipa alla battaglia comune spinta da una diversa e personale motivazione. Questo processo ha permesso di lavorare su una pluralità di voci e su una restituzione corale di un percorso di quattro anni, basato sulla condivisione di storie ed esperienze. Con FU FERITA, Teatro19 rielabora con delicatezza e rispetto i frammenti di vite che nel tempo gli sono stati affidati.
LO SPETTACOLO – SINOSSI
Un quartiere periferico al centro di un progetto di riqualificazione urbana. Fra gli innumerevoli progetti utili e necessari, si insinua un piano controverso: una società privata ha intenzione di sostituire il parco del quartiere con un’avveniristica struttura, sede di un centro culturale all’avanguardia: il CoOL, Center of Open Languages. La comunità si attiva per salvare il parco. Angela, una combattiva assistente sociale con il mito di Giuseppe Garibaldi, guida un comitato per la difesa del parco, con l’ambizione di creare una manifestazione di 1000 partecipanti, mille “garibaldini” pronti a scendere in piazza per farsi ascoltare e per difendere i propri diritti. Viene convocata un’assemblea pubblica dove emergono una pluralità di voci che testimoniano il grande valore sociale del parco: luogo di incontro, relazioni, crescita, crocevia di esistenze. L’obiettivo comune infiamma il senso civico. Angela è una figura eroica: certo ancora nessuna statua è stata eretta in suo onore, ma a lei spetta l’arduo compito di riunire due mondi, quello della periferia e quello del centro, mostrando ai potenti le ferite dei “piccoli”. Angela diventa una “Garibaldi” di quartiere, pronta ad instillare il sacro fuoco rivoluzionario e ad essere cardine dell’auspicata coesione sociale.
Fotografie: Paolo Ferraglio, Enrico Capoferri
QUANDO MUOIO IO
Nel maggio 2005, nelle campagne di Castegnato (Brescia), un pensionato della zona rinviene il cadavere decapitato, mutilato e carbonizzato di una donna. Lo spettacolo prende le mosse da questo feroce fatto di cronaca tentando di restituire almeno un poco della dignità estorta.
Di Gianluca De Col e Valeria Battaini
Con Valeria Battaini
Suoni Polliciopponibili
Luci Carlo Dall’Asta
Scatole di scena Alessadro Pagnoni/Atelier dell’Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fotografo di scena Paolo Ferraglio
Nel maggio 2005, nelle campagne di Castegnato (Brescia), un pensionato della zona che è solito passeggiare di buon mattino, rinviene il cadavere decapitato, mutilato e carbonizzato di una donna. Si suppone si tratti di una prostituta perché la zona è particolarmente frequentata e poco lontano dal luogo del rinvenimento, nei mesi precedenti, è stato ritrovato il cadavere di una prostituta nigeriana uccisa. Delitto per cui vengono arrestati tre giovani della zona.
Con la decapitazione e la mutilazione gli assassini hanno voluto eliminare ogni elemento utile ad una facile identificazione del cadavere. E infatti, a distanza di anni, quella donna è solo un numero in un registro.
Lo spettacolo di Teatro19 prende le mosse da questo feroce fatto di cronaca provando a dare un nome a chi è solo un numero, provando a dare voce a chi voce non ha più, tentando di restituire almeno un poco della dignità estorta, nella convinzione che questa sia una storia da raccontare. Perché solo il gioco del caso e del destino ha fatto si che chi è in scena, nella vita non fosse lei stessa vittima di traffico di esseri umani e sfruttamento della prostituzione, ed è invece ancora in grado di fantasticare sulla propria morte scegliendo per se il proprio epitaffio.
Fotografie: Paolo Ferraglio
MEMORIA DEL FIORIRE
Indaghiamo le possibilità della metafora vegetale, applicata alla vita e alle sue interdipendenze, nell’ecosistema delle relazioni umane. Una drammaturgia che attraverso diversi capitoli, e una certa dose di ironia, indaga differenze e similitudini fra animale umano e piante, nonché la loro interdipendenza.
drammaturgia in fieri
Una produzione di Collettivo PiKaia con il sostegno di Teatro19
testo e regia Francesca Mainetti
musiche Bianca Caldonazzo
con Giulia Benetti, Bianca Caldonazzo, Daniele Gatti, Francesca Mainetti e, laddove sarà avviato un laboratorio, con la partecipazione di allievi e cittadini
si ringraziano Teatro Stalla – Fondazione Emilia Bosis e Associazione Aiuto a Vivere
Uno spettacolo in divenire, che utilizza la relazione con comunità e territori per evolvere. Indaghiamo le possibilità della metafora vegetale, applicata alla vita e alle sue interdipendenze, nell’ecosistema delle relazioni umane. Una drammaturgia che attraverso diversi capitoli, e una certa dose di ironia, indaga differenze e similitudini fra animale umano e piante, nonché la loro interdipendenza. Quali aspetti vegetali possono essere d’ispirazione per innovare sguardi e atteggiamenti umani e sociali? In scena due attrici professioniste, un attore non professionista e una musicista adolescente, rappresentanti di una preziosa biodiversità umana e artistica, a cui si aggiunge un “coro umano” composto da cittadini di ogni età. Il mondo vegetale, la botanica e la natura, si coniugano al sociale, all’educazione, alla diffusione della cultura e al valore della biodiversità.
NOTE DELL’AUTRICE “Le piante non sono animali”, cit. Stefano Mancuso. Dalla sterminata produzione di uno scienziato di fama mondiale, ma anche carismatico divulgatore, potevamo scegliere forse qualcosa di più illuminante, ma questo è il punto: non vediamo quello che abbiamo sotto gli occhi. Vegetale è qualcosa di completamente diverso. E diverso a noi piace. Le piante sono individui-rete, non hanno un cervello in cima al loro sistema, non hanno un capo che dirige, la vita sociale degli alberi si sviluppa in un sistema orizzontale di interdipendenza con l’ambiente, ogni individuo è anche multiplo, e la raffinata rete radicale ha apici in continuo sviluppo e attiva esplorazione del suolo. Siccome ci piace lavorare con la diversità, spiazzarci il più possibile, spostare sicurezze, aprire visioni, allora abbiamo preso una cosa molto diversa: il mondo vegetale, e ci siamo messi a guardarla per capire se potevamo imparare qualcosa. Noi ora qui, fermi piantati in casa per mesi, chiusi nei vasi, e intanto cresciamo, e invecchiamo, e piantiamo radici sempre più in fondo. Chiusi in casa ad aspettare la primavera. L’abbiamo fatto scientificamente, per argomenti. Capitolo I, “Radici”: ci chiediamo cosa hanno in comune le nostre e le loro, Capitolo 2, “Mìmesi”: indaghiamo i mille modi per nascondersi e proviamo a metterci in mutande, Capitolo 3 “Strategie”: analizziamo (con rigoroso metodo scientifico) quelle animali e quelle vegetali, Capitolo 4 “Del Dolore”: come la capsicina (alcaloide contenuto nel peperoncino) ha conquistato il mondo grazie alla disposizione umana al sadomaso, Capitolo 5 “Io Multiplo o Democrazia”: in cui cuculo e pioppo si confrontano con Pericle e gli ateniesi del 461a.C., Capitolo 6 “Rivoluzione Vegetale”: in cui la compagnia lavora col pubblico come risorsa per progettare il cambiamento. Al centro tre figure, Madre Natura e i suoi figli Animale e Vegetale, portatori di mondi indivisibili e alieni. Animale ha il movimento come principale strategia, Vegetale…beh Vegetale è difficile da capire, certo il movimento non è il suo forte. Poi c’è anche una figurina strana, che cambia natura, sembra un coniglio, ma la sua caratteristica fondamentale è il violino con cui costruisce in diretta una drammaturgia musicale che passa dal suono degli insetti, all’urlo di un albero tagliato, ai Velvet Underground. Non è finita qui, c’è anche il Coro Umano dei Sapiens Sapiens (perché Sapiens non bastava, che poi anche un po’ di umiltà non ci farebbe male), presenti al mondo da 150.000 anni, uno sputo rispetto alle felci datate 300 milioni di anni fa. Sapiens non vede le piante perché vede solo quello che gli somiglia, noi invece pensiamo che forse proprio in ciò che è più diverso possiamo trovare ispirazione per la nuova evoluzione: quali aspetti vegetali nasconde Homo sotto il pelo della coscienza? Il Coro Umano dei Sapiens è formato da persone (attori o non attori non importa) del territorio, che vogliano fare con noi un’esperienza di creazione. È pensato come un coro che partecipa direttamente in scena allo svolgersi dello spettacolo, con azioni di gruppo, ma anche singole. Il suo ruolo è particolarmente importante rispetto alla drammaturgia dell’ultimo capitolo “Rivoluzione Vegetale” che è immaginato come un canovaccio da costruire mettendosi in relazione con il gruppo di partecipanti. Perché la rivoluzione, soprattutto se vegetale, non la si fa dall’alto di un palco o di una cattedra o dagli schermi dei computer, o forse si fa mettendo in rete tutte queste cose, e anche i bar e le piazze, e le persone che ci camminano. N.B. Il primo studio di questo progetto è stato immaginato e realizzato già in situazione di emergenza sanitaria, tutte le azioni e le modalità di messa in scena sono quindi compatibili con il distanziamento fisico e la sicurezza.
LABORATORIO TEATRALE DEL FIORIRE (eventualmente connesso allo spettacolo)
Laboratorio teatrale intensivo in cui la compagnia condivide tecniche e pratiche di scrittura scenica. Il laboratorio, condotto dall’attrice e regista Francesca Mainetti, con l’eventuale ausilio degli altri componenti del Collettivo PiKaia. è aperto a un massimo di dieci persone del territorio, di ogni età ed esperienza, che parteciperanno alla replica dello spettacolo. Se la stagione lo consente gli incontri possono svolgersi in spazi aperti e naturali. Oltre alla partecipazione al laboratorio è prevista la presenza dei partecipanti alla serata di spettacolo a partire da tre ore prima della replica
Link a estratto video di 15 minuti (video completo disponibile su richiesta) https://www.youtube.com/watch?v=BKrwi49Gysg
INFO E CONTATTI Francesca Mainetti 335.6198089 francescamainetti@teatro19.com
ERO BRAVA IN QUALCOSA
Racconta con delicata emozione e molta speranza una vita tranquilla in cui tutto improvvisamente si incrina: la depressione diventa un’ospite invadente, le certezze vacillano, proprio come potrebbe accadere ad ognuno di noi.
Di e con Valeria Battaini
Progetto fotografico di Alberto Mancini
Sound Design Carlo Dall’Asta
Suggestioni da David Foster Wallace, Sylvia Plath, Franco Basaglia
Nato dalla collaborazione coni il Centro Psico-Sociale di Rovato (BS), lo spettacolo prende le mosse a partire dal testo scritto da un’utente. Racconta con delicata emozione una vita tranquilla, come potrebbe essere quella di ognuno di noi: la famiglia, il lavoro, le amicizie… tutto improvvisamente si incrina, la depressione diventa un’ospite invadente, le certezze vacillano, proprio come potrebbe accadere ad ognuno di noi.
“Anche se ancora non sapevo esattamente che cosa fare, sapevo che quello era un inizio…sapevo che poteva funzionare… se anch’io ero brava in qualcosa!”
Così dice la protagonista della pièce mentre la vediamo sia agire sulla scena che comparire negli scatti fotografici di Alberto Mancini in un continuo gioco di flashback e reminiscenze, fra sogno, incubo e molta speranza; una donna consapevole dei propri limiti così come della propria capacità di risalire alla luce e all’aria fresca dopo aver conosciuto il buio.
Progetto fotografico: Alberto Mancini
Fotografie di scena: Adriano Treccani
MACBELLUM
Un linguaggio poetico e folle che risuona arcaico e popolare nello stesso tempo. Da una parte i personaggi principali che vibrano di passioni primarie e teatrali, dall’altra il Coro, che narra la vicenda e incarna le voci interiori del protagonista. Una riduzione del Macbetto di Testori portata in scena e in vita dalla compagnia LABORATORIO METAMORFOSI composta di attori/ici professionisti/e, non professionisti che sono anche utenti dei servizi di salute mentale, e studenti universitari.
Dal Macbetto di Giovanni Testori, nel centenario della nascita dell’autore, la compagnia Laboratorio Metamorfosi/Teatro19 in collaborazione con DSMD di ASST Spedali Civili di Brescia
Regia e adattamento Francesca Mainetti
Con: Valeria Battaini, Gianpaolo Corti, Nicola Gaidella, Daniele Gatti, Giovanni Lunardini, Roberto Lunardini, Francesca Mainetti, Maria Giulia Manni, Roberta Moneta, Francesca Valenti, Giusy Zanini
L’incontro con Testori avviene all’interno di una ricerca che la compagnia stava già conducendo sul Macbeth di Shakespeare a partire dal 2022.
Il desiderio, nato dagli attori, era quello di lavorare sul male che è dentro ciascuno di noi e sulla violenza della guerra, che nel frattempo si era appena ripresentata in Europa. La figura di Macbeth è stata scelta come pretesto per indagare la strada di autodistruzione che la volontà di dominio sul prossimo e sulla natura può portare a percorrere. La rielaborazione fatta da Testori consente alla compagnia di confrontarsi con un linguaggio poetico e folle che risuona arcaico e popolare nello stesso tempo. I personaggi principali vibrano di passioni primarie e teatrali, mentre il Coro, da una parte, come nella tragedia greca, narra la vicenda, dall’altra incarna le voci interiori del protagonista. Il testo fa parte della trilogia testoriana degli “Scarozzanti”: quella che viene messa in scena è una scalcagnata compagnia di guitti impegnati nella messa in scena di classici rivisti e adattati. Tutti questi elementi vengono filtrati e si confrontano con la particolarità stessa della compagnia Laboratorio Metamorfosi, che cerca di fare delle diverse competenze ed espressività di cui è composta non un limite ma un’opportunità d’arte. La drammaturgia testoriana, ridotta e adattata ma fedele all’originale, non lascia scampo; disegna, pur non senza ironia pungente, un quadro apocalittico della violenza e della sete di potere, all’interno del quale prendono vita figure nate dal lavoro con gli attori in cui la regia cerca di valorizzare con semplicità e amorosa crudeltà le caratteristiche e le potenzialità dei performer.
La compagnia LABORATORIO METAMORFOSI composta di attori/ici professionisti/e, non professionisti che sono anche utenti dei servizi di salute mentale e studenti universitari, è un progetto di Teatro19 in collaborazione con ASST Spedali Civili di Brescia. La produzione e le repliche dello spettacolo sono parte integrante del progetto CULTURE CARE – Patto di coproduzione fra teatro, città e enti di cura finanziato da Fondazione Cariplo nell’ambito di Bergamo Brescia Capitale della Cultura 2023
Fotografie: Mauro Zani
D.IO o dell’inferno quotidiano
Una trama di relazioni, agganci, suggestioni, abbinamenti… in cui il visitatore si avventura, fra reale e teatro, a cercare bellezza inadeguata e goffa, poesia bestemmiata e inconcludente.
Compagnia Laboratorio Metamorfosi/Teatro19/UOP23
in collaborazione con Fondazione Brescia Solidale Onlus, Cooperativa La Rete, Cooperativa Elefanti Volanti
con Valeria Battaini, Daniele Gatti, Giovanni Lunardini, Roberto Lunardini, Francesca Mainetti, Roberta Moneta, Nic, Nicola Stella, Isabella Zipponi
regia Francesca Mainetti
drammaturgia Francesca Mainetti, Giorgio Caldonazzo, Roberta Moneta
musica dal vivo Angela Scalvini
in collaborazione con UOP23 ASST Spedali Civili Brescia
Non proprio uno spettacolo; un’esperienza. Una “situazione deperibile deliberatamente predisposta” per piccoli gruppi di spettatori che attraversano, o meglio penetrano, si fanno avvolgere da un luogo (La Torre Cimabue nel quartiere San Polo di Brescia). Incontrano figure. Nate dal reale, forgiate attraverso lo strumento artigianale del teatro. E di nuovo tornate a confrontarsi col reale, per costruire una trama di relazioni, agganci, suggestioni, abbinamenti… in cui il visitatore si avventura, fra reale e teatro, a cercare bellezza inadeguata e goffa, poesia bestemmiata e inconcludente. A partire dalla suggestione di un viaggio che ci trasforma, ispirandoci a Dante ma anche a Nietzsche, al benzinaio sotto casa, alle nostre goffaggini e fissazioni personali, proponiamo un percorso frutto di una residenza di due mesi negli spazi della Torre Cimabue, immenso condominio di edilizia popolare, il cui mondo si intreccia nell’esperienza scenica e umana.
Fotografie in bianco e nero: Adriano Treccani
OMNIBUS
Un “tour” guidato, a piedi e sull’autobus, in cui cultura e fantasia incontrano il territorio e da esso si lasciano penetrare. L’autobus si muove, il teatro si muove, come il sangue nelle vene della città.
Ideazione, testo e regia Valeria Battaini
Collaborazione drammaturgica Gianluca De Col e Roberta Moneta
Con Irene Aliverti, Gianluca De Col, Simone Denti, Abderrahim El Hadiri, Giovanni Lunardini, Roberto Lunardini, Francesca Mainetti, Roberta Moneta, Elia Moutamid, Ettore Oldi, Anna Teotti, Ampelio Zecchini
Un nutrito gruppo di attori e performer da vita ad uno spettacolo itinerante , a piedi e su un autobus di linea, per raccontare una parte di città e la varia umanità che la abita con la sua bruttezza, le sue molteplici bellezze e i suoi MIRACOLI. Un progetto pensato ad hoc rispondendo all’urgenza di raccontare una parte della città di Brescia, quella periferia ovest che in sé raccoglie una serie di situazioni critiche o vissute come tali. Un “tour” guidato, a piedi e sull’autobus, in cui cultura e fantasia incontrano il territorio e da esso si lasciano penetrare. Come in un gioco enigmistico, i puntini si uniscono per connettere e rammendare il tessuto umano della città aspirando ad un nuovo e più consapevole disegno. L’autobus si muove, il teatro si muove, come il sangue nelle vene della città.
“Se dovessi raccontare cos’è OMNIBUS direi che è uno spettacolo con un senso, ma si badi bene, non un senso unico e nemmeno un unico senso.
È un canto d’amore alle periferie in generale attraversando una periferia in particolare, laddove si nasconde, sotto lo sporco, molta poesia.
È un viaggio, prima a piedi e poi su un autobus di linea, dal centro monumentale della città alla sua periferia incoronata di capannoni.
È un pellegrinaggio alla Madonnina delle Lucciole dove devoti si recano i personaggi che popolano questo affresco contemporaneo e sghembo, ognuno col proprio carico di aspettative, ognuno con la propria dolente o comica implorazione, qualcuno con il pentimento in tasca e sicuramente tutti con le proprie vulnerabilità e contraddizioni.
È il viaggio degli spettatori che si fanno coro, man mano che lo spettacolo procede e dal centro si sposta al margine.
È lo sguardo sbigottito, a volte infastidito, tal altre arrabbiato e spesso divertito dei passeggeri del bus di linea, la linea 3. L’autobus sul quale, dopo una passeggiata a piedi guidati dalla voce gracchiante di una improbabile, ma credibilissima guida turistica, attori e spettatori salgono.
OMNIBUS sono gli imprevisti, gli sguardi incrociati, i gesti di gentilezza inattesi.
OMNIBUS sono le persone, la varia umanità stortignaccola che vive, muore, spera e prega in equilibrio sulla fune come un esperto equilibrista.
Valeria Battaini
Lo spettacolo è stato parte di TEATRO FUORI LUOGO – storia e narrazione di Porta Milano, il progetto di Teatro19 per OLTRE LA STRADA, il progetto del Comune di Brescia e finanziato con bando ministeriale.
fotografie: Zeno Schivardi